Nel mondo della cantieristica navale e da diporto sono frequenti le controversie tra il cantiere e l’armatore aventi ad oggetto le pretese creditorie derivanti dell’esecuzione di lavori di manutenzione sulle imbarcazioni.
Accade spesso che, a fronte di contestazioni dell’armatore circa il quantum del credito del cantiere, quest’ultimo eccepisca il privilegio speciale previsto dall’art. 2756, comma 1, cod. civ. ed il conseguente diritto ex art. 2756, comma 3, cod. civ. di ritenere l’imbarcazione in cantiere fino al soddisfacimento integrale del proprio credito.
Molteplici sono i motivi che possono dare luogo a tale situazione; tra i più comuni, vi sono i disaccordi tra le parti circa le voci di capitolato addebitate e i prezzi unitari applicati per le singole lavorazioni, o ancora, più semplicemente, le difficoltà di comunicazione, anche linguistiche, con l’armatore che risiede all’estero.
In questi casi, il creditore può certamente adire l’autorità giudiziaria per richiedere un decreto ingiuntivo producendo le fatture emesse e l’estratto autentico del libro giornale ove dette fatture risultano annotate. In forza del titolo così ottenuto, il creditore potrà poi, una volta notificato il titolo ed il precetto al debitore, attivare l’espropriazione forzata pignorando i beni del debitore, tra i quali la stessa imbarcazione oggetto dei lavori di manutenzione che hanno dato origine alla controversia.
Tuttavia, occorre ricordare che, in alternativa alla procedura sopradescritta, il cantiere dispone anche di un’altra strada a condizione che l’imbarcazione oggetto dei lavori di riparazione si trovi ancora nella propria disponibilità e non sia stata quindi ancora asportata dall’armatore.
In queste situazioni, il cantiere può infatti scegliere di attivare, alternativamente all’esecuzione forzata, una forma di autotutela esecutiva per il soddisfacimento del proprio credito che non richiede la previa formazione di un titolo esecutivo, ma che consente invece la mera monetizzazione dell’imbarcazione rimasta nella disponibilità materiale dello stesso cantiere.
Difatti, l’ultimo periodo del terzo comma dell’art. 2756 cod. civ. prevede che il creditore – in questo caso il cantiere – può vendere la cosa soggetta al privilegio “secondo le norme stabilite per la vendita del pegno” richiamando a tal fine quanto previsto dall’art. 2797 cod. civ. Secondo la procedura descritta in quest’ultima norma, il cantiere deve prima di tutto notificare al debitore, a mezzo di ufficiale giudiziario, un’intimazione di pagamento – assimilabile ad un vero e proprio atto di precetto - contenente il dettaglio del proprio credito per capitale, accessori e spese, nonché l’espresso avvertimento che in mancanza di pagamento entro il termine di cinque giorni si procederà con la vendita dell’imbarcazione. Nel caso di armatore senza residenza o domicilio eletto nel luogo di residenza del cantiere, il cantiere dovrà indicare nell’intimazione un termine per il pagamento più lungo in linea con quanto previsto dall’art. 163-bis c.p.c. (90 giorni se l’armatore si trova in Italia o 150 giorni se si trova all’estero).
In questo modo, il cantiere, una volta decorso il termine indicato nell’intimazione, potrà procedere alla vendita pur essendo sprovvisto di un titolo esecutivo e senza alcuna preventiva autorizzazione da parte dell’autorità giudiziaria.
Ovviamente ciò potrà avvenire a condizione che l’armatore non abbia già adempiuto o non sia stata proposta opposizione entro il medesimo termine indicato nell’intimazione. È prevista infatti la facoltà per l’armatore di promuovere una formale opposizione nelle forme di cui all’art. 615, comma 1, c.p.c. entro il termine indicato nella stessa intimazione di pagamento notificata ad istanza del cantiere. Pertanto, nell’ambito di tale procedura di “autotutela esecutiva” il controllo giurisdizionale diventa solo eventuale venendo attivato esclusivamente nel caso di una formale opposizione presentata dall’armatore. In quest’ultimo caso, la vendita del bene non potrà avvenire se non a seguito del passaggio in giudicato della sentenza conclusiva del giudizio di opposizione.
La procedura sopra descritta rappresenta dunque una forma di esecuzione “privata” che costituisce una concreta alternativa allo strumento dell’esecuzione forzata disciplinato dal libro III del Codice di procedura civile. Trattasi di una forma atipica di autotutela che determina in capo al cantiere un vero e proprio “Jus vendendi” autorizzando lo stesso a liquidare l’imbarcazione secondo le regole codicistiche.
Salvo il caso di aggiudicazione al creditore ai sensi dell’art. 2798 cod. civ., la vendita dell’imbarcazione avviene secondo quanto espressamente previsto dall’art. 2797 cod. civ, ovverosia al pubblico incanto o, se la cosa ha un prezzo di mercato, anche a prezzo corrente, a mezzo di persona autorizzata a tali atti o anche tramite un commissionario.
A tal proposito, la dottrina ritiene che gli adempimenti pubblicitari per la vendita debbano svolgersi quantomeno nelle forme previste dall’art. 83 disp. att. cod. civ. che prescrive una pubblicità commerciale adeguata alla natura ed al valore delle cose. Alla stessa maniera, si ritiene applicabile il medesimo art. 83 disp. att. cod. civ. anche con riferimento alle modalità liquidative che sostanzialmente sono la vendita con incanto e la vendita senza incanto. Inoltre, il verbale della vendita con incanto va depositato presso la cancelleria del giudice competente per l’esecuzione del luogo in cui si è proceduto alla vendita.
In definitiva, il procedimento disciplinato dall’art. 2797 c.c. costituisce una procedura esecutiva speciale e diretta - alternativa a quella ordinaria - che permette al cantiere di giungere alla vendita dell’imbarcazione ancora in suo possesso con tempistiche molto brevi e senza il bisogno di ottenere un titolo esecutivo, ma solo previa intimazione di pagamento a mezzo ufficiale giudiziario. Trattasi dunque di uno strumento molto utile quando è necessario procedere al recupero del credito in tempi rapidi senza attendere i tempi notoriamente lunghi degli uffici giudiziari.
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