Con l’ordinanza n. 34655 del 27 dicembre 2024, la Corte di Cassazione ha fornito importanti primi chiarimenti sul regime fiscale dei lavoratori impatriati, con particolare riferimento alla possibilità di richiedere il rimborso delle maggiori imposte pagate in caso di mancata fruizione delle agevolazioni previste.
La Suprema Corte ha stabilito che gli adempimenti formali richiesti per accedere alle agevolazioni – come la richiesta scritta al datore di lavoro o l’indicazione dell’imponibile ridotto in dichiarazione – non costituiscono una condizione necessaria per legittimare il diritto al rimborso. Tali formalità, infatti, sono finalizzate esclusivamente a ottenere il beneficio fiscale tramite il datore di lavoro, che agisce come sostituto d’imposta. Inoltre, ancora una volta, la Cassazione sottolinea il fatto che i requisiti additivi indicati nelle circolari dell'Agenzia delle Entrate non hanno alcun valore di legge.
Di conseguenza, la domanda di rimborso risulta valida ai sensi dell’art. 38 del DPR 602/1973, purché sussistano i requisiti sostanziali richiesti per accedere al regime agevolato.
Tuttavia, la Cassazione ha precisato che questa interpretazione è applicabile solo ai lavoratori rientrati in Italia entro il 29 aprile 2019. Per i soggetti rientrati successivamente, l’art. 16, comma 5-ter, del D.Lgs. 147/2015 prevede una specifica preclusione: non è ammesso il rimborso delle imposte già versate spontaneamente.
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